In questo articolo ti spiegheremo cosa si intende per errore medico, chi sono i soggetti…
Ennesimo caso di malasanità nella nostra regione. Questa volta è toccata ad una donna che per tre volte si presenta al pronto soccorso con una forte emicrania, ma aveva un tumore ed è morta. Il marito di A.T. morta lo scorso 20 agosto a seguito di un tumore, che in un anno non le ha dato scampo, ha deciso di raccontare il calvario familiare. F.C., questo è il suo nome, inoltre ha deciso di denunciare tutta la vicenda legata alla malattia della moglie.
A.T. , prima di ricevere la diagnosi, si è recata al pronto soccorso al Dea di Verbania a causa di forti emicranie. Sintomi di quello che si è scoperto poi essere un tumore, ma che al tempo furono giudicati come dei semplici mal di testa e curati con del paracetamolo. È stato necessario un mese e un viaggio in Lombardia per capire che quelle emicranie erano in realtà il biglietto da visita di un male poi risultato incurabile, ma a distanza di un anno il grido di dolore del professor C. che ha detto addio alla moglie pochi giorni fa è forte e deciso, racconta: “So che mia moglie non si sarebbe salvata, ma almeno non avrebbe sofferto quei giorni in più finché siamo dovuti andare in Lombardia”.
A.T., 54 anni, insegnante alle scuole medie di Verbania, è iniziata il 13 settembre, dello scorso anno, con un primo accesso in pronto soccorso a causa proprio di un forte mal di testa che non sembrava passare, era il primo giorno di scuola, racconta il marito: “Quella notte alle 3,07 andammo in pronto soccorso. Fu dimessa alle 4,44, anamnesi: cefalea senz’aura, presente da anni e acutizzatasi questa notte. Prescrissero delle gocce e paracetamolo”. Poi altri due episodi simili, uno il pomeriggio del giorno dopo quando a causa della persistente emicrania decidono di chiamare un’ambulanza e un altro il 21 settembre: nel primo caso le dimissioni con anamnesi “crisi cefalgica in paziente affetta da emicrania” con aggiunta di paracetamolo 1000 al bisogno, nel secondo caso invece le dimissioni arrivarono solo due ore dopo.
F.C. spiega: “Era la terza volta che tornavamo così chiesi di approfondire con esami diagnostici loro rimandarono al 25 settembre, quando già avevamo appuntamento per una risonanza magnetica dopo esserci rivolti a un neurologo. Così ho deciso di andare dai carabinieri a Intra che mi hanno ascoltato, quasi piangevo nel raccontare quanto stava succedendo”.
Nonostante la richiesta di parlare con un medico il signor C. non fu ascoltato, da qui la decisione di rivolgersi nuovamente ai carabinieri prima di partire, il giorno dopo, alla volta di Milano, su consiglio di una parente, viste le condizioni sempre più precarie della donna: “L’abbiamo portata al San Raffaele di Milano è entrata in codice arancione, alle 13. Le hanno fatto esami e Tac, alle 18 il medico mi ha spiegato che avevano trovato una massa voluminosa che premeva contro il cervello. Era il tumore”.
Nei giorni successivi la prof 54enne è stata sottoposta a un’operazione alla quale hanno fatto seguito le radioterapie, purtroppo però il tumore è tornato. A.T. ha combattuto un anno ma lo scorso 20 agosto la sua battaglia è terminata: “Mi chiedo perché nessuno, vedendo che era un caso sospetto, non abbia mandato mia moglie a Domodossola o Novara dove c’è la neurologia, so che mia moglie non si sarebbe salvata ma almeno non avrebbe sofferto quei giorni in più finché siamo dovuti andare in Lombardia”, conclude il marito.
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